Filippo Cerini, testo di presentazione della mostra di disegni, acquerelli, sculture 2000 - 2007 - mostra in Galleria Bazzani - Castel Goffredo 19/5 - 3/6 2007

LA VITA

Chi è Dall'Acqua? Mario proviene da Ceresara (MN) e più precisamente dall'ancor più bucolica Villa Cappella, ma non è nato per il lavoro della terra, al quale era destinato, bensì per plasmare, ri - creare con i suoi occhi, la sua sensibilità, la sua fantasia e la sua mano la natura, le sue forze e l'uomo che spesso la cura, talvolta la serve, tal altra la tiranneggia e la maltratta. Egli intraprende così, risoluto, pur in contrasto con la volontà della famiglia, la via delle arti figurative a lui tanto consone e , per una solida preparazione tecnico - strumentale oltre che formale, dagli studi presso il Liceo di Verona approda a Milano per frequentare, con successo, l'Accademia di Brera. Ora, rientrato dall'insegnamento svolto con passione in diverse province - Verona, Brescia, Mantova - è ritornato a Villa Cappella per dare ininterrotto, libero sfogo alla sua inesauribile capacità creativa "distraendosi" semmai dal suo "lavoro" solo per contemplare e quasi immedesimarsi nel miracolo continuo della natura che lo avvolge e custodisce. Mario Dall'Acqua, personaggio schivo e tutto d'un pezzo per natura, geloso delle sue "incontaminate" creature, non ha cercato, o meglio, si è sempre tenuto lontano da canali e scappatoie per sicuri successi.

L'OPERA

Oro e argento fine, cocco e biacca, indaco, legno lucido e sereno, fresco smeraldo in l'ora che si fiacca (Pur. VII, 73 - 75) - Ossia: "giallo e bianco splendente, rosso e bianco velato, azzurro cupo, color di legno lucidato e chiaro, verde smeraldo più vivo nel momento in cui si spezza.

Mi affretto subito a rassicurare certi sguardi sorpresi e forse preoccupati. No, no, non ho sbagliato libro o sala, con questa lectura Dantis - Canto VII della seconda Cantica della Divina Commedia, vv 73 - 75 ho preso di peso il testo di Dante, non trovando io di meglio e non sapendo quali parole escogitare per dire della freschezza, della vivacità, della godibilità e dell'incanto del tratto, anzi dell' opera, di Dall'Acqua; perciò ho tratto spunti... divini dal divino Poeta. Sono questi i colori sublimi dell'amena "Valletta fiorita" dell'antipurgatorio indicata da Sordello a Virgilio e a Dante per una gradevole sosta del loro peregrinare. Da analogo scrigno attinge, sicuro, Mario Dall'Acqua per le sue opere. Dall'Acqua e... dalla luce: ecco l'opera di Mario, creatore dall'espressione artistica polimorfa. Egli ha, per origine, radici profonde e sicure nella sua terra, che per sintonia ci rappresenta ora in paesaggi, ora in scorci estatici carichi di lirismo, che portano all'incanto e inducono alla contemplazione, ma della quale, attingendo al suo vissuto, sa anche cogliere il carico pesante per il duro lavoro e che spesso riconosce ingenerosa in rapporto all'impari fatica di sole braccia umane e di scheletriti animali: non altro dicono le gigantesche mani della sua gente dei campi, mani che continuano a plasmare il creato e che sanno trovare il tempo per congiungersi a modo loro ed alzarsi, forse talvolta faticosamente, al Creatore. Sono queste le radici caratterizzanti tuta una fase della produzione dell'Artista e i radicali originali ancora si liberano e sempre efficacemente, in tante opere anche recenti. Egli non ci propone immagini banali, di serie, rafferme e stereotipate, ma immagini viventi, da ascoltare come da contemplare nella sue esaltante produzione d'esto visibile parlare (Pur. X, 95), chicche per gli occhi intelligenti pronti allo stupore e all'ammirazione. Mario Dall'Acqua è convivente assolutamente fedele con l'Arte da più di cinquant'anni e con essa si confronta in continuazione. Non è legato a nessuna corrente in particolare, fa parte per se stesso, non per alterigia, certo, ma per convinzione, dedizione assoluta, interpretando quindi anche qui un senso di dignità e di coerenza: ciò che vede, sente ed esprime è tutto soltanto suo. Suo è il disegno preciso, che dà all'pera un impianto sicuro e fortemente incisivo, assolutamente suoi sono i colori creati: sono al sua firma; tipicamente suo il modellato, curato, analitico, ma mai fotografico.

ARS NOVA

L'ininterrotto confronto di cui si diceva ha guidato per osmosi l'Artista in una ricerca interiore ed espressiva sempre più attenta ed affinata fino ad arrivare via via ad una sicura essenzialità formale e stilistica, senza nulla togliere alla plasticità e garantire alle terrecotte - bassorilievi, altorilievi, figure a tutto tondo - policrome,naturali o smaltate a freddo, astrazione, stilizzazione, leggerezza e dinamismo ad un tempo, con una linea fattasi più incisiva in un segno sempre più semplificato ed agile per lasciar posto alla creatività di occhi ammirati, che fanno proprie quelle linee spoglie e scarne e reincarnano quelle realtà scavate, quasi svuotate, trasfigurate per misurarsi e divertirsi a riplasmare, quasi a rimodellare nuove forme di giochi dati di luci e ombre violente e di accostamenti di colori netti o dalle tonalità appena suggerite. Così l'Ars Nova di Dall'Acqua, non nel senso di diversa, né di rivisitata, ma di ulteriore sapidità, apre ad una nuova polifonia cromatica oltre che semantica. Ed è sintesi. Opera della stessa mano nova sono i dipinti. Dall'Acqua, che si è sempre mosso a suo agio nella casa dell'Arte, spazia liberamente in quell'universo così da poter anch'egli dire: "e a quel modo ch'è ditta dentro vo significando" (Pur. XXIV 53, 54): dall'acquerello alla grafica, all'olio, alla tempera, al gessetto, anzi - un tempo - fino a dare la parola ai suoi personaggi, portandoli come commediografo in vernacolo, davvero sul palcoscenico dell'Arte. Ora quella mano prese le mosse dal figurativo, si libra decisa tra convinti, calcolati passaggi minimali per lasciar trasparire dai volti, dai gesti, dagli atteggiamenti l'anima delle sue suggestive creature: simboli che trasudano, di volta in volta, sofferenza, fatica, dolore, compassione, rassegnazione, ma anche stupore, ammirazione, solidarietà, bontà: insomma quei sentimenti di profonda , autentica umanità - e oltre - di cui Dall'Acqua è attento interprete e accreditato messaggero. E con i suoi paesaggi, affidata ultimamente la materialità anche solo a macchie informali, surreali per flussi e abbracci delicati di colori - anche inusuali e imprevedibili - egli ci coinvolge a guardare oltre la soffice, impalpabile velatura con i suoi occhi trasognati ora una siepe, un fosso, un cespuglio, un campo della fervida terra padana, ora le barche, le coste, i moli, l'acqua dai mille giochi ondeggianti, tremolanti riflessi variegati e mutevoli di Sirmio venusta (Catullo, Carmina, 31, v. 12), ora il panorama intenso, gli scorci avvolgenti, gli angoli incantevoli e magici del seducente Castellaro Lagusello, dai morbidi pendii di Cavriana nell'anfiteatro morenico, come delle silenti, esuberanti rive di un lento, sinuoso Mincio fatato che Monzambano gelosamente coccola. Tale è il contrappunto che sgorga dall'antiqua et nova ars di Dall'Acqua, il quale affida a colori, polveri, impasti d'olio, d'acqua, di terra il canto della natura e quello - ma spesso è un composto lamento - dell'uomo nel cui cuore egli congiunge, più che in un lontano orizzonte, il Cielo e la Terra.

IL CONSENSO

Mario Dall'Acqua ha raccolto meritati successi partecipando a numerosi Premi Nazionali di Pittura - 19 - ed ha ottenuto deciso consenso di critica e di pubblico nelle numerosissime mostre personali e collettive - 40 con oggi. Mentre io sarei già ampiamente soddisfatto se potessi anche soltanto dire di essere riuscito a condurre occhi attenti e incuriositi davanti a queste opere, dove aver si può diletto dimorando (Pur. VII 63).